Attilio Taliercio

Attilio Taliercio nasce a Napoli il 31 luglio del 1939, con Ventotene nel sangue. L’isola era campana, per origine dei primi coloni e perché a quel tempo u’ vapor viaggiava una volta alla settimana per quella destinazione, consentendo agli isolani di svolgere commissioni o provvedere agli acquisti dei beni non disponibili sullo scoglio. Prendere il traghetto era un viaggio vero: quasi 8 ore tra tappe di scarico e carico a Ponza ed Ischia.

Primogenito di 10, figlio del cosiddetto Pazzeriell, in tempi in cui si contavano solo i superstiti alla fame e alle condizioni di povertà, la vita di Attilio sarà completamente dedicata al lavoro e alla fatica nel vero senso del termine.

A 12 anni è già nei campi a coltivare, sempre affidabile e preciso; si avvicina presto anche alla pesca e diventa “il Totanaro” per eccellenza: finita la giornata nei campi, esce a pescare la notte per rivendere la mattina, appena prima di ricominciare di nuovo a lavorare sotto il sole nei campi.

La leggenda narra che una notte, ingannato dal sonno, viene salvato dal suo cane Scuba, che lo sveglia in tempo per salvare la barca in fiamme.

Instancabile, a 80 anni suonati, spinge ancora senza problemi la sua carriola piena di taniche d’acqua sulla salita della Posta – a zig zag – per andare ad “annacquare” una delle sue campagne a picco sul mare.

Attilio è uno dei supereroi di Ventotene: vive da anni nel silenzio della sua sordità – “meglio”, dice lui – completamente immerso nella natura: è ancora il primo a svegliarsi sullo scoglio e lo puoi trovare in Piazza Chiesa, all’alba, a dar da mangiare ai gabbiani, per poi dedicarsi ai gatti. Solo dopo questo rito quotidiano, torna alle sue campagne.

Rispettato da tutta la comunità, sviluppa in questi ultimi vent’anni una vena poetica e una spiccata socialità che lo rendono popolare tra i turisti che acquistano da lui, tra una poesia e una domanda retorica, cipolle e lenticchie. Sarà perfino accanto a Corrado nella Corrida: ma lo show business non fa per lui, morigerato e legato al suo scoglio, immerso a piedi nudi nella terra vulcanica.

Una scolarizzazione precaria non ha impedito lo sviluppo di una mente fina e osservatrice: “Siamo tornati indietro di 60 anni” – mi ha detto commentando l’emergenza sanitaria – “ora i veri benestanti sono di nuovo i contadini!”

“Waglio’ vac a mmetthr ddoje pummarol, ccà  se sta mhtten malamenth!…” e ha ripreso a spingere la pesante carriola verso la campagna.