Torino – Ventotene solo andata

In inverno ogni giorno immaginavo l’isola e la sua pace. Ogni giorno guardando le previsioni meteo il mio sguardo scivolava a sud e a guardare quei simboli immaginavo una Calanave serena o un’intensa mareggiata al faro. A volte la webcam dell’Agave e Ginestra o una inaspettata telefonata da quello scoglio placava la mia curiosità.

Ora l’inverno è finito: è ora… è ora di Ventotene che per me è sinonimo di libertà. A Ventotene vado da sola, non voglio nessuno con me, voglio affittare una casa che sia solo per me e in cui possa avere i miei ritmi ed i miei tempi.
Il viaggio comincia a Porta Nuova col treno Torino–Napoli delle 22.00 rigorosamente con solo posto a sedere, per un viaggio che è tutto meno che comodo ma che inevitabilmente unisce chi per sorte si ritrova nello stesso scompartimento, e mentre mezza Italia scorre buia fuori dal finestrino mi gusto il piacere dell’andare.

La mattina a Formia saluto i miei compagni di viaggio e mi incammino verso il porto: ormai la strada, tutta in discesa, la conosco. Faccio il biglietto e aspetto di imbarcarmi fra coppie di vacanzieri e allegre comitive di subacquei. Arriva la nave, finalmente, prendo posto sul ponte su una panca, guardo la terraferma allontanarsi e sorrido ebete e mi gusto l’aria della mattina che mi sveglia, ma quando appare in lontananza l’isola, e pian piano si avvicina, lo sguardo si appanna ed i miei occhi si fanno ogni volta lucidi per l’emozione di tornare.

Poi il porto che brulica di uomini e di mezzi all’arrivo della nave, ed io che scivolo via da quella frenesia per raggiungere la piazza e la gentilissima ragazza dell’agenzia che mi accompagnerà finalmente a casa. Posato il bagaglio compio i riti dell’arrivo: per prima cosa la libreria – perché per me a Ventotene è d’obbligo comprare almeno 2 o 3 libri. per il piacere di comprarli qui e non in un altra libreria – un caffè, un giro al forno a salutare Tonino, e poi a Calanave e quando sono seduta lì, col mio asciugamano giallo sulla sabbia nera, e guardo di fronte a me, per un attimo mi sento perdutamente felice.

Il resto dei giorni passa sempre troppo in fretta fra il sole e i bagni, i libri, le soste sulle panchine in piazza Castello, le passeggiate fra le canne, le cene al Giardino, gli scogli giù al faro, le chiacchiere a piazza Chiesa, i tramonti a Parata Grande, i giri al porto… e le notti, le notti a guardare le stelle e a chiedersi perché sotto al cielo di Ventotene sono sempre così felice? Io che non lo sono mai.