1976, la prima vacanza da sola

Era l’estate dei miei vent’anni, la prima vacanza da sola.
Era il 1976, io e Gianni ci imbarcammo a Formia, entrambi con le spalle cariche di tenda, sacchi a pelo, pentole, canna da pesca e tanta, tanta voglia di vivere e di divertirci. Qualcuno ci aveva parlato di questo campeggio su un’isola molto diversa da quelle che noi, abitando a Napoli, conoscevamo bene, come Ischia, Procida o Capri.

L’isola era un po’ diversa da quella che è oggi, ma non così tanto.
Il fornaio era nello stesso posto, in via degli Olivi, e lì qualche volta ci concedevamo le sue mitiche pizzette. C’era un solo negozio di alimentari. Il bar Verde, oggi anche ristorante, era nello stesso posto, ma allora era solo un bar, mentre mi ricordo che dove adesso c’è il ristorante Donna Amalia all’angolo della piazzetta, c’era una specie di cantina/trattoria dove si poteva anche mangiare.

Noi, avendo pochi soldi e dovendoceli far bastare il più a lungo possibile, mangiavamo in campeggio solo pasta e il pesce pescato. E di pesce ce n’era tanto a Ventotene: pescavamo con la canna dal Porto Romano, con la lenza da qualche barchetta, Gianni con il fucile da sub intorno a Calanave o agli “sconcigli” (era tanto tempo fa, non c’erano divieti, né riserva marina, e noi eravamo così pochi da non disturbare più di tanto il mare).

Arrivammo in questo campeggio “sui generis”, gestito da Giovanni – che ho rincontrato pochi giorni fa – e frequentato soprattutto da giovani come noi, che partivano per le vacanze, ma non lasciavano a casa la voglia di confrontarsi, di mischiare con gli altri le idee, le risate, gli ideali e tutto quello che in quegli anni “magici” ci faceva sognare.

Anche se ho un ricordo sempre piacevole degli abitanti di Ventotene, non eravamo forse gli avventori che tutti volevano. Noi campeggiatori portavamo pochi soldi e forse un po’ di scompiglio nella tranquillità dell’isola. Le tende erano montate su piccole terrazze, poi c’era il bar e in una grotta (freschissima) ognuno sistemava vettovaglie, fornellino e pentole in un angolino prescelto, e lasciava tutto lì. Si finiva per cucinare e mangiare tutti assieme sui lunghi tavoli di legno sistemati al centro: insomma la struttura stessa del campeggio favoriva il confronto e la condivisione, sia delle idee che del cibo! Era questa la caratteristica di quel campeggio: partivi solo e ti ritrovavi subito a vivere con tanti altri.

Un giorno, sull’isola e nel campeggio ci fu una novità. Una troupe si accingeva a girare alcune scene di un film sull’isola di Santo Stefano. I nomi erano famosi: l’attore Philipe Leroy, il musicista Augusto Martelli. Ma erano altri tempi e quasi a nessuno l’evento sembrò sconvolgere la vita più di tanto: niente autografi, né tanta voglia di conoscere personaggi famosi. La cosa però si rivelò interessante per i ragazzi del campeggio, perché furono ingaggiati come comparse per girare una scena in cui era necessario un cospicuo numero di “carcerati”. E così per un giorno gli ospiti del campeggio e i ragazzi dell’isola di trasformarono in galeotti, e con grossi barconi furono portati al carcere di Santo Stefano per un’intera giornata. Per quello che mi ricordo non fu il richiamo dell’arte, né il fascino del mondo dello spettacolo a far aderire all’impresa gli ospiti del campeggio, quanto la voglia di farsi quattro risate tutti insieme e di guadagnare poche migliaio di lire, che ci permisero quella sera, tornando a Ventotene, di fare la nostra unica cena in un ristorante, ovvero la già citata cantina in piazza Castello. Non ricordo molto di quella serata, se non le mie risate incontenibili, appoggiata ad una botte fuori dalla trattoria, sotto una delle rare piogge di Ventotene.

Sarà difficile ritrovare quelle risate, quell’atmosfera, quel condividere allegria e riflessioni, ma Ventotene è sempre lì, i profumi sono gli stessi, il mare è generoso e accogliente con i bambini che giocano a Calanave, così come con i sub che tornano ogni anno numerosi ad ammirarne i fondali. Mi piace pensare che quei ragazzi, che come me hanno vissuto l’esperienza del campeggo in quegli anni, non siano passati di lì per caso, e che abbiano contribuito a far conoscere l’isola, le sue peculiarità e il fascino che conserva, ricevendone in cambio il ricordo di un’esperienza particolarmente felice.